Dpcm- I governatori delle Regioni bocciano le regole per le festività anti Covid

“Atteggiamento scorretto del governo”. “una guerra tra poveri, “cittadini di serie A e di serie B”. Sono state soprattutto critiche le prese di posizione dei presidenti delle Regioni, già dalla prime ore del mattino, sul dpcm che sarà in vigore da domani al 15 gennaio del prossimo anno, dopo il decreto legge varato la scorsa notte. Un coro di critiche rivolto soprattutto al mancato confronto, tra governo ed enti locali, sulle scelte.

Ci mandano il testo del decreto alla sera tardi, sanno che il confronto tra le Regioni è fissato per le 10 del mattino e ci chiedono di dare risposta entro le 11?”. È seccato il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, che in un’intervista al Corriere della Sera ha espresso il proprio disappunto perché “innanzitutto mi aspetto che siano recepite le indicazioni richieste e offerte dalle Regioni. Dopodiché, dal momento che vengo interpellato, mi piacerebbe che mi venisse anche concesso il tempo per dire la mia a ragion veduta”. Poi ha puntualizzato: “Per quanto mi riguarda, mi sono limitato a contestare il fatto che per stabilire lo scenario dell’epidemia siano stati utilizzati dati vecchi, superati, e questo rende poi difficile spiegare ai cittadini la relazione tra i loro sacrifici e i risultati raggiunti. Comunque, sebbene siano emerse a volte visioni e sensibilità diverse, la dialettica istituzionale ha prodotto i suoi risultati. Il contributo delle Regioni c’è stato eccome”. Sono molte le voci dei presidenti delle Regioni sul nuovo dpcm, in vigore da domani, per cercare di contenere il Covid 19 e, soprattutto, evitare una terza ondati di contagi.

“Credo che l’impianto abbia diversi problemi  – ha commentato il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga – non sono state accolte le osservazioni delle Regioni, e per esempio, ci sono disparità importanti di trattamento sul territorio nazionale. Una persona che abita a Roma – ha precisato – può girare liberamente e di fatto avere servizi per milioni di persone, mentre in tutta la mia regione che è la metà del comune di Roma uno non può spostarsi da un comune di 500 anime”. Secondo Fedriga quindi “si può ipotizzare, come hanno fatto le Regioni”, uno spostamento “su base almeno provinciale perché non è possibile che cittadini dello stesso Paese nella stessa situazione abbiano diritti totalmente diversi. Questa cosa – ha osservato – sarà molto difficile da far passare: erano diverse le indicazioni arrivate dalla Conferenza delle Regioni che sono state totalmente disattese e non ascoltate e forse immagino nemmeno lette visto che non è stato recepito nulla. E’ ovvio che tutte le Regioni spingono perché si mantenga un atteggiamento di responsabilità, anche perché la pandemia non è finita. Chiederemo chiarimenti sul passaggio relativo alla scuola – ha concluso – quando si dice che dal 7 gennaio riapre al 50% per la popolazione studentesca. Per tutta la popolazione scolastica? O riguarda solo la scuola secondaria di secondo grado?. Ho fatto una lettura sommaria”, ha spiegato, “visto che ce l’hanno mandato questa notte alle 2.32. Ma ci sono dei problemi: abbiamo sempre cercato di collaborare anche con discreto anticipo e valuteremo”.

Lapidario il commentato del presidente facente funzioni della Calabria, Nino Spirlì: “Il governo decide a sorpresa, senza ascoltare prima la voce delle Regioni e quindi degli italiani”.

“Siamo riuniti come Regioni ma vorrei che fosse chiaro che il decreto legge del Governo con queste misure è già pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Trovo assai scorretto che il Governo adotti una simile misura senza neppure parlarne con gli enti locali”, ha evidenziato in tarda mattinata il presidente della Liguria e vicepresidente della Conferenza delle Regioni, Giovanni Toti. “Mentre noi discutiamo dei suggerimenti da dare al Governo – ha aggiunto – la legge è già stata fatta. Tutti in casa, a prescindere da dati, zone gialle, diffusione del virus. Ma deve essere chiaro di chi è la responsabilità di tutte queste assurdità”.

Secondo il governatore ligure “la limitazione della libertà dei cittadini deve essere proporzionata al rischio del Covid. Ora qualcuno del Governo mi spiegherà perché, di fronte a dati in calo della Liguria, come di molte altre regioni, un fratello non potrà passare il Natale con la sorella, un genitore con i figli. Ma qualcuno a Roma ha mai viaggiato per l’Italia, o vivono tutti ai Parioli?. Perché se stai in una grande città puoi muoverti liberamente, se invece stai in un piccolo comune, probabilmente dovrai passare il Natale e il Capodanno da solo, anche se i parenti vivono a poche centinaia di metri, ma in un altro comune. Magari ci si infetta di più se si attraversa il confine tra un comune e l’altro, mentre se si va da un capo all’altro di una grande città, il virus ci risparmia? Questa non l’avevo ancora sentita. Lo stesso vale per ristoranti e bar: se uno ha un ristorante o un bar in un grande città, “buon per lui”, si fa per dire. Se la trattoria è in un piccolo paese, in una frazione, per chi starà mai aperta?. Se hai una casa a Cortina o Courmayeur e parti per le vacanze prima del 21 dicembre va tutto bene – ha concluso Toti – ma se vuoi portare a Santo Stefano tuo figlio a fare una passeggiata nel parco, che è nel comune vicino al tuo, non puoi”.

Critico anche il governatore del Veneto, Luca Zaia. “Alle 2.30 della mattina è arrivata la bozza del Dpcm – ha commentato – che è un Dpcm che lascia non poche perplessità. Talmente incisivo su alcuni aspetti, come gli spostamenti che il governo è stato costretto ad approvare nottetempo anche un decreto legge. Posso garantire che qualche guaio ce lo crea questo Dpcm”.

In merito alle limitazioni negli spostamenti previsti nel Dpcm si apre, secondo Zaia, “uno scenario di natura umana che è quella della mancato ricongiungimento anche tra genitori e figli e io penso che questo aspetto per la regione del Veneto viene prima di tutti. Ci sono mille altre soluzioni per pensare di evitare gli spostamenti. Ma poi se penso a città come Roma o Milano e alle periferie e alla campagna vedo una sperequazione anche di natura Costituzionale estrema. Chiudi i 150 abitanti del comune veneto di Laghi o i 6mila di Godegna di Sant’Urbano ma poi lasci che milioni di persone si muovano tranquillamente a Roma o Milano… città grandi come due terzi del Veneto, non ha nessun senso. La norma non sta in piedi”.

“Un Dpcm così – ha poi attaccato Zaia – crea conflitti sociali, anzi guerra tra poveri, perché è inevitabile che ci saranno cittadini di serie A e serie B. E’ evidente, tra l’altro, che ormai l’approvazione dei dpcm è diventato un cerimoniale di corte, perché le Regioni sono sentite, ma per modo di dire, tanto è vero che noi facciamo sempre documenti con correzioni che poi non vengono mai recepiti. Un atteggiamento scorretto”.

Nel primo pomeriggio, prima dell’incontro con il premier Conte e i ministri Speranza e Boccia, il confronto tra governatori si è spostato sulla piattaforma on line della Conferenza delle Regioni, dove sostanzialmente sono state confermate le line espresse dai singoli. “Il mancato confronto interistituzionale” con le Regioni sul decreto approvato dal governo “non ha consentito di portare alla individuazione delle soluzioni più idonee per contemperare le misure di contenimento del virus e il contesto di relazioni familiari e sociali tipiche del periodo delle festività natalizie”, si legge in un documento della Conferenza delle Regioni. I presidenti prendono dunque “atto delle scelte operate con l’adozione del decreto legge che, intervenendo con forti limitazioni agli spostamenti e alle relazioni sociali nel periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, rende di fatto pleonastico il pronunciamento su parti essenziali del Dpcm”.

 

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