Economia – La ripresa dell’economia dipenderà molto anche dal vaccino: L’Istat taglia le stime del Pil c’è ancora incertezza sul futuro.

Il Coronavirus  ha rappresentato un’importante battuta d’arresto per l’economia italiana, e per il futuro le previsioni sono condizionate anche dalla disponibilità e dalla somministrazione dei vaccini. Nel suo ultimo report sulle prospettive economiche del biennio 2020-2021, l’istituto di statistica ha rivisto al ribasso le previsioni per il Pil pari a 0,6 punti percentuali per entrambi gli anni, da -8,3% nel 2020 e +4,6% nel 2021 a -8,9% e +4,0%. I

Insomma la ripresa per l’anno prossimo sarà solo parziale e comunque l’attuale quadro delle stime “risulta fortemente condizionato dall’evoluzione dell’emergenza sanitaria e dalla disponibilità e dalla tempistica di somministrazione del vaccino”. Di certo influiranno anche le misure legate al Recovery fund che dal canto loro “potrebbero rappresentare un ulteriore e robusto stimolo agli investimenti”, e quindi un elemento decisivo per far ripartire l’economia.

Al momento, la situazione è tale che si aspettano gli effetti della ripresa dei contagi anche se, rileva l’Istat, “i provvedimenti varati dal Governo dovrebbero consentire una parziale tenuta dei redditi e un contenimento della disoccupazione“. Ma il conto di quest’anno risulta comunque pesante, sia dal punto di vista che dei consumi sia dell’occupazione.

Nel 2020, sottolinea l’Istat, i consumi delle famiglie crolleranno del 10%, e questo andamento sarà accompagnato da un deciso aumento della propensione al risparmio. Per il 2021, la ripresa “sarà contenuta, condizionata dalla fase di transizione del recupero delle spese nei servizi e della progressiva riduzione dell’incertezza legata all’evoluzione del virus”.

Ed infatti, l’istituto di statistica stima per l’anno prossimo una ripresa della spesa delle famiglie nell’ordine del +4,5%. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il Covid ha avuto come effetto quello di far aumentare in modo considerevole il numero degli inattivi mentre a ottobre “il numero degli occupati risulta significativamente inferiore a quello di gennaio” per circa 400mila unita’ in meno. Si tratta quindi di quasi mezzo milione di posti di lavoro persi.

Non solo, “alla riduzione dell’occupazione non e’ corrisposto, nello stesso periodo, un aumento della disoccupazione (circa di 20mila unita’ l’aumento rispetto a gennaio) quanto un aumento dell’inattivita’ (circa 250mila unita’ in piu’)”. Cifre alla mano, nel 2020 il tasso di disoccupazione dovrebbe calare al 9,4%, per poi tornare a crescere nel 2021 (11,0%). Anche le stime sul tasso di disoccupazione sono state riviste: per il 2020, l’Istat prevedeva il 9,6% mentre per il 2021 valutava un aumento del 10,2%.

L’istituto di statistica spiega che l’evoluzione dell’input di lavoro, misurato in termini di ULA (unità di lavoro), seguirebbe quella del Pil, con un’ampia riduzione nel 2020 (-10,0%) e una ripresa parziale nel 2021 (+3,6%). L’andamento del mercato del lavoro risentirebbe del processo di ricomposizione tra disoccupati e inattivi oltre che della progressiva normalizzazione dei provvedimenti a sostegno dell’occupazione.

Per quanto riguarda le imprese, le ricadute del Covid sui fatturati sono state significative: l’Istat evidenzia comunque il vero e proprio crollo delle attività legate al turismo. Basti pensare che nei primi nove mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente il fatturato ha registrato pesanti diminuzioni per le imprese nel trasporto aereo (-58,3%), nei servizi di alloggio (-52,0%) e nelle attività dei servizi delle agenzie di viaggio, dei tour operator e servizi di prenotazione e attività connesse (-73,2%)”.

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