Intervista a Raimondo Raimondi scrittore e poeta

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Cosa pensa uno scrittore degli attuali sviluppi della politica e della società?

I contrasti sociali oggi sono più che mai acuiti da una crisi economica senza precedenti e portano anche il più pacifico degli individui all’esasperazione, a considerare chi la pensa diversamente un nemico e non un semplice avversario, a radicalizzare le idee e le opinioni, a creare quel muro contro muro che non mi pare storicamente abbia mai portato a nulla di buono. Probabilmente solo un bagno di democrazia può salvarci dal medioevo prossimo venturo, dalla barbarie di una società divorata dall’economia, dalla finanza, dal potere politico.

Penso purtroppo che in un momento storico come questo gli intellettuali possono fare poco, perché parlano alla testa della gente mentre altri si rivolgono alla pancia, fomentando la rabbia e i bassi istinti.

Non sono quindi tempi felici per gli scrittori e gli editori?

Comprare libri non è esattamente una passione di tutti, anzi, stando alle statistiche, in Italia i consumatori di carta stampata sono una minoranza. Però, in questi ultimi anni, l’indice dei lettori pare essersi inaspettatamente impennato, vuoi per una sorta di ribellione al pesante impero della televisione, vuoi per un nuovo interesse verso il libro, padre di tutte le culture, vuoi per il fiorire di intelligenti iniziative editoriali che hanno puntato su giovani autori contemporanei.

Leggere però è qualcosa di necessario?

Leggere è come viaggiare, assecondando l’ansia di sapere e di navigare nel tempo e nello spazio che alberga in tutti noi. Una ricerca che non ha fine, che ci accompagna per tutta la vita, una navigazione che non sente mai bisogno di approdo. Chi è toccato da questa febbre vorrebbe leggere tutti i libri che lo attraggono, ma comprare libri, acquisirli nella propria biblioteca, richiede, per dirla con Schopenhauer, un tempo assai inferiore rispetto al tempo necessario per la loro lettura.

Sicché avviene che i libri si ammucchiano sugli scaffali, in lunghe file ordinate, ma sono tanti quelli che non sono mai stati letti. Una vita non basta, non può bastare, a leggere tutto quello che vorremmo. Un “espediente” per dilatare il tempo ai fini della lettura è l’utilizzo dei “tempi morti” delle attese, durante le lunghe file alle poste, alle banche, nelle anticamere dei medici, degli avvocati e così via. Se, anziché sbirciare le vecchie e inutili riviste sempre presenti nelle sale d’attesa, ci portassimo appresso un libro scelto da noi, quanto tempo avremmo recuperato, quante pagine in più avremmo letto, quante emozioni avremmo condiviso con gli scrittori, nostri insostituibili compagni di viaggio?

La cultura ha ancora un posto nella nostra società?

I giovani dovrebbero studiare non per diventare giocatori di calcio che ce ne sono già tanti, non per diventare manager che ce ne sono già tanti, né per diventare professori che ce ne sono già tanti e nemmeno per conquistare il loro personale benessere economico, ma devono studiare per creare il nuovo, perché la nostra società ha bisogno di idee innovative, di spinte in avanti, di una cultura creativa che solo i giovani possono avere, e ciò avviene stimolando in loro un sapere non nozionistico ma in grado di precorrere i tempi, aprendo la mente, verso nuovi mondi dell’intelletto, nei quali si genera il progresso della società.

Entriamo nello specifico dell’ultimo romanzo “La cattiveria del silenzio” edito dal la casa editrice toscana Il Foglio Letterario.

E’ una storia dura, condotta in prima persona dal protagonista, uomo solitario e schivo capace di intenzioni delittuose. Nel suo passato una lunga storia che il lettore conoscerà pian piano attraverso una serie di flash back. L’incontro con Italia, giovane donna che non lo sfugge ma, anzi, costituisce per lui un’ancora di attracco, cambierà la sua vita fino ad una tragica conclusione. Lungo la tormentata narrazione compaiono memorie e personaggi: il notaio Adelmo Lo Monte, il monaco padre Pellegrino, lo psichiatra Mogherini, la ragazzina islamista Zora, la fattucchiera rom Josipa, il vecchio mezzadro don Totò. E, nel cammino delle pagine, considerazioni sulla vita e sulla solitudine di questo mondo contemporaneo, nel quale pare non ci si possa rapportare con i propri simili. Va in scena l’eterna lotta tra il bene e il male nel silenzio delle coscienze perchè – come dice il poeta spagnolo Javier Vicedo Alós – “si nasce senza parole e con tutte le parole distrutte ce ne andiamo”.

Il 2017 è stato un anno prolifico, infatti, oltre al romanzo, è uscita una raccolta di poesie dal titolo “Tempo di fughe” per le edizioni A&A di Luigi Augelli.


“Tempo di fughe”
racconta le mie emozioni e le mie esperienze di vita, ma anche il sentimento del tempo, il dramma della contemporaneità, il tema delicatissimo e attuale dei migranti, il tema del femminicidio, quello poderoso dell’inquinamento dell’ambiente e delle coscienze. Le mie poesie si nutrono anche della nostalgia di un tempo passato, il tempo della memoria, della giovinezza trascorsa, irrecuperabile ma vissuta appieno, senza rimpianti né ripensamenti. Si tratta di una silloge di 64 poesie tutte da godere nel silenzio di una buona lettura che spero appaghino l’anima e facciano riflettere.

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By wltv

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