Al quarto anno della campagna #IBelong per porre fine all’apolidia, l’UNHCR chiede azioni più risolute da parte degli Stati

Italy / Mixed migratory flows / asylum seekers and migrants / boat people / Boat people, who were earlier disembarked from their unsafe craft off the coast of Lampedusa, receive food, water and counseling from UNHCR staff and protection officers. / Along with being a popular tourist attraction, the Italian vacation island of Lampedusa is also a popular destination for refugees and migrants, willing to risk their lives traveling from Africa to Europe in over-crowded unseaworthy vessels to escape persecution and violence or simply to find for a better life. / UNHCR / A. Di Loreto / July 2007

A quattro anni dal lancio di una campagna decennale finalizzata a sradicare l’apolidia a livello globale, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha oggi invitato gli stati a intraprendere azioni più rapide e risolute per contribuire a raggiungere l’obiettivo della campagna.

Da novembre 2014, quando l’UNHCR ha dato inizio alla campagna #IBelong, sono stati conseguiti molti risultati importanti. Più di 166.000 persone apolidi hanno acquisito la nazionalità o ne hanno ricevuto conferma, 20 stati hanno aderito alle Convenzioni sull’apolidia, portando a 91 il numero totale degli stati parti alla Convenzione del 1954 relativa allo status degli apolidi, e a 73 le adesioni alla Convenzione del 1961 sulla riduzione dell’apolidia. Nove stati hanno stabilito delle procedure per la determinazione dello status di apolide o hanno migliorato quelle esistenti, sei stati hanno introdotto emendamenti alla propria legislazione sulla nazionalità e altri due hanno abolito le discriminazioni di genere che impedivano alle donne di trasmettere la nazionalità ai propri figli. In nove paesi sono stati formalmente adottati dei piani nazionali per porre fine all’apolidia.

Eppure, nonostante questi risultati, milioni di persone in tutto il mondo, per la maggior parte in Asia e in Africa, continuano ad essere apolidi e a vivere in un limbo. È difficile determinare con precisione quante persone in tutto il mondo siano apolidi o siano a rischio di diventarlo. Nel 2017, circa 70 paesi hanno dichiarato un totale di 3,9 milioni di persone apolidi. Ma secondo le stime dell’UNHCR questa cifra rappresenta solo una parte del totale, mentre il numero reale potrebbe essere fino a tre volte più elevato.

“Oggi chiedo ai politici, ai governi e ai legislatori di tutto il mondo di agire immediatamente e di adottare e sostenere azioni decisive per eliminare l’apolidia a livello globale entro il 2024”, ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi. “Dal punto di vista umano, etico e politico, è la cosa giusta da fare. Ogni persona su questo pianeta ha diritto alla nazionalità e il diritto di dire ESISTO”.

Molti fattori possono portare all’apolidia, ma i problemi inerenti alle leggi sulla nazionalità, tra cui la discriminazione, ne sono i principali conduttori. L’impatto sugli individui e sulle loro famiglie è diretto e può essere disastroso. Essere apolidi significa vivere una vita senza nazionalità e tutto ciò che ne deriva. Essere apolidi può significare vivere una vita senza istruzione, senza cure mediche o senza un lavoro regolare. Può significare una vita senza la possibilità di sposarsi, di possedere una casa, di muoversi liberamente. Una vita ai margini della società, senza prospettive o speranza.

“Le persone apolidi si trovano tuttora ad affrontare enormi ostacoli all’esercizio dei diritti umani fondamentali”, ha affermato Grandi. “L’eliminazione dell’apolidia richiede che le discriminazioni nelle leggi e nelle pratiche relative alla nazionalità vengano abolite. Stati come il Kenya, il Kirghizistan e la Thailandia stanno aprendo la strada in questa direzione, dimostrando che con volontà e impegno politici e con sforzi nazionali congiunti, l’acquisizione della nazionalità può cambiare la vita a decine di migliaia di persone”.

Solo 25 paesi in tutto il mondo mantengono disposizioni discriminatorie sulla base del genere nelle proprie leggi in materia di nazionalità, impedendo alle madri di trasmettere la nazionalità ai propri figli allo stesso modo dei padri. Il Madagascar e la Sierra Leone sono i paesi che più di recente hanno cambiato questo tipo di leggi. In quasi tutte le regioni del mondo sono state promosse una dichiarazione e un piano d’azione per rispondere all’apolidia. Queste iniziative regionali stanno portando blocchi di nazioni a lavorare insieme per affrontare e risolvere questo problema che riguarda i diritti umani. Tra le finalità del sedicesimo Obiettivo di Sviluppo Sostenibile vi è l’eliminazione dell’apolidia – allo scopo di garantire a tutti un’identità legale entro il 2030.

Al fine di rafforzare le capacità dei parlamenti e dei legislatori di prevenire e ridurre efficacemente l’apolidia e identificare e proteggere le persone apolidi, l’UNHCR, in cooperazione con l’Unione parlamentare internazionale, pubblicherà un nuovo manuale sulle “Buone prassi nelle leggi sulla nazionalità per la prevenzione e la riduzione dell’apolidia”. http://www.refworld.org/docid/5be41d524.html

Chi siamo:

 

L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) guida gli interventi a livello internazionale volti a proteggere le persone costrette a fuggire dalle proprie case a causa di conflitti e persecuzioni. Forniamo assistenza salva-vita quale alloggio, cibo e acqua, contribuiamo a salvaguardare i diritti umani fondamentali ed elaboriamo soluzioni finalizzate ad assicurare che le persone abbiano un luogo sicuro da considerare come casa propria, dove possano costruirsi un futuro migliore. Lavoriamo anche per garantire che sia accordata la nazionalità agli apolidi.

Nota sulle statistiche relative all’apolidia:

L’apolidia colpisce milioni di persone in tutto il mondo. In alcuni paesi vi sono centinaia di migliaia di apolidi e non esiste una Regione del mondo che non sia toccata dal problema dell’apolidia. A causa della natura stessa dell’apolidia, è difficile determinare con esattezza quante persone in tutto il mondo ne siano colpite o siano a rischio di esserlo. I dati sull’apolidia vengono raccolti dai governi e comunicati all’UNHCR. Nel 2017, circa 70 paesi hanno dichiarato un totale di 3,9 milioni di persone apolidi. Ma secondo le stime dell’UNHCR questa cifra rappresenta solo una parte del totale, mentre il numero reale potrebbe essere fino a tre volte più elevato.

 

Nota sulla campagna #IBelong per porre fine all’apolidia:

Il 4 novembre 2014, l’UNHCR ha lanciato la campagna #IBelong per porre fine all’apolidia entro il 2024. L’apolidia è un problema creato dall’essere umano e relativamente facile da risolvere e prevenire. Con la necessaria volontà politica e il sostegno pubblico, milioni di persone in tutto il mondo potrebbero acquisire la nazionalità e impedire che i propri figli nascano apolidi. La campagna #IBelong è supportata da un piano d’azione globale che definisce misure concrete che consentano agli Stati di risolvere il problema. Con l’acquisizione della nazionalità, milioni di persone apolidi in tutto il mondo potrebbero ottenere pieno accesso ai propri diritti umani e godere di un senso di appartenenza alla propria comunità. Nel 2019 la campagna arriverà a metà del suo percorso e l’UNHCR organizzerà un evento per mostrare i risultati ottenuti e richiedere gli stati il loro impegno a prevenire e sradicare l’apolidia. Per ulteriori informazioni, si visiti il sito: http://www.unhcr.org/ibelong/

Nota sulla pubblicazione “Buone prassi nelle leggi sulla nazionalità per la prevenzione e la riduzione dell’apolidia”:

Questo nuovo manuale offre esempi pratici di disposizioni giuridiche nazionali che permettono agli Stati di realizzare quanto segue:

  • Prevenire totalmente l’apolidia infantile
  • Abolire la discriminazione di genere nelle leggi in materia di nazionalità
  • Stabilire procedure per identificare gli apolidi e facilitarne la naturalizzazione
  • Garantire che nessuno diventi apolide a seguito della privazione o perdita della nazionalità

Il manuale identifica e promuove anche alcune buone prassi nelle leggi sulla nazionalità, incoraggiando gli stati a prenderle in considerazione.

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