Petrolchimico. Inchiesta sull’inquinamento e i retroscena in una Società capziosa

Alzato il sipario sull’inchiesta della Procura per l’inquinamento nel Petrolchimico siracusano con un vero terremoto giudiziario nella zona industriale di Siracusa, nel retroscena si registrano i riflessi di alcune condizioni con la possibile differenza tra la cronaca dei fatti e la verità nascosta o cercata. Tra gli indagati nell’inchiesta della Procura di Siracusa ci sono il presidente e i componenti in carica nel periodo incriminato, 2014/2016, il direttore generale e il direttore tecnico, i componenti del Cda e dell’attuale presidente dell’Ias di Priolo, Maria Grazia Brandara e i rappresentanti legali di Versali, Sasol e il procuratore speciale della società “Priolo Servizi”, oltre che tanti altri iscritti nel registro degli indagati per una o due diverse inchieste giudiziarie.

Il cavallo deve disarcionare perché il cavaliere si possa a sua volta rialzare. Nella Società moderna, diventa ogni giorno sempre più difficile vivere in armonia con la propria onestà. Maria Grazia Brandara, presidente in carica dell’Ias, pensa ad alta voce per ricordarsi che la sua nomina è avvenuta nel novembre del 2016, ma da lei accettata nel marzo del 2017. Quindi, logica deduzione vuole che non sia responsabile di tutto quel che è successo prima del suo insediamento alla carica di presidente dell’Ias. Certamente chiarirà la data e le circostanze che la Procura di Siracusa ha notificato in uno all’avviso di garanzia assieme ai componenti del Cda nel periodo incriminato, del direttore generale e del direttore tecnico.

E ancora. In merito alle indagini di quest’inchiesta, che parte del filone principale sull’inquinamento nel Polo Petrolchimico siracusano nel 2014, qualcuno nei giorni scorsi aveva indicato erroneamente che tra i possibili indagati, nell’ambito dell’indagine che riguarda l’Ias di Priolo, ci sarebbe stato implicato anche il responsabile amministrativo della Società che gestisce il depuratore consortile di Priolo, dottor Leonardo Mirandola, il quale risentito per l’insinuazione del suo coinvolgimento nell’inchiesta, ha chiesto la smentita a norma di legge, e chiarisce che non è mai stato coinvolto e nemmeno sfiorato dalle indagini. Lo stesso chiarisce che nella richiesta “della smentita, e non della rettifica, sono stati superati i profili della calunnia e della diffamazione liberamente attribuita ad altri nei miei confronti; nel caso specifico a inquirenti e investigatori, in maniera del tutto gratuito; infatti, non può esserci alcuna responsabilità oggettiva – scrive ancora Mirandola – del sottoscritto che si occupa di mera amministrazione e non c’è mai stato per la cronaca alcun rilievo giudiziario nei miei confronti, per il semplice fatto che al direttore di stabilimento per Statuto sociale sono attribuiti tutti i poteri decisionali in materia di scelte tecniche-organizzative e produttive, della salvaguardia dell’ambiente, di sicurezza e manutenzioni”.

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