Augusta, la lenta agonia degli Arsenali

Siamo seriamente preoccupati per il lento declino degli Arsenali della Marina Militare che tra qualche anno, col pensionamento delle maestranze storiche, cosiddetti Arsenalotti senza sostituzione, rischiano inesorabilmente di chiudere i cancelli.
Non sarebbe un gran risultato. Come noto, gli arsenali costituiscono uno dei pilastri su cui si basa la capacità marittima di un Paese, unitamente alla Flotta e alla cantieristica militare/civile e il suo  apparato industriale capace di realizzare sistemi d’arma e allestimenti vari. In tale quadro, gli Arsenali assolvono infatti a una funzione strategica per lo strumento marittimo militare, in quanto costituiscono elemento centrale di supporto tecnico/logistico/manutentivo, nel garantire la prontezza delle Unità Navali, nell’arco della loro vita operativa.
La specificità delle loro capacità rappresenta un patrimonio da preservare e difendere in ogni sede. Patrimonio ancora più prezioso se lo si inquadra nell’attuale stretta economica con il cronico sotto-finanziamento che ha penalizzato la Marina negli ultimi anni e si è ripercosso, oltre che sull’intero dicastero, proprio sugli Arsenali che hanno progressivamente perso le originali capacità produttive e di supporto tecnico/logistico.
A questo si aggiunge il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione che non ha consentito il ricambio generazionale portandoci all’attuale situazione di gravissima crisi. Nel periodo 2013/2017 la Marina Militare ha avviato una serie di iniziative per il rilancio degli Arsenali, aprendo gli stabilimenti di lavoro alla manutenzione di navi mercantili e di Marine straniere, facendo ricorso allo strumento delle permute per integrare i pochi fondi assegnati per il sostegno delle funzioni minime degli stessi.
Uno degli obiettivi principali era quello di accelerare il finanziamento del piano Brin, investimento di 50 milioni di euro per l’Arsenale di Augusta, di fatto rallentato dalla burocrazia e dalla scarsa priorità attribuitagli dallo Stato Maggiore della Difesa. Il piano, mirava a dare certezza al futuro degli Arsenali,rinnovando in modo radicale le loro infrastrutture e i relativi macchinari, ormai obsoleti e fatiscenti. Nonostante le difficoltà attuative del piano BRIN, molte infrastrutture importanti sono state ammodernate: grandi bacini di carenamento, officine, magazzini, etc. , gettando così le basi di un effettivo rilancio dei nostri stabilimenti di lavoro.
Per ultimo l’Arsenale di Augusta ha conseguito recentemente il prestigioso obiettivo della Certificazione di Qualità in ISO 9001/2015 riconosciuto dal RINA Service. Tuttavia siamo di fronte a un incredibile paradosso del tutto italiano. Da un lato lo Stato che ha investito risorse per rimettere in piedi gli Arsenali della Marina e dall’altro il Ministero della Difesa, che dello Stato è espressione, non riesce ad adottare un piano straordinario di assunzioni per garantire il funzionamento delle officine e reparti degli Arsenali il cui il personale negli anni si è drasticamente ridotto.
Infatti, servirebbero intorno ai 1000 tecnici nell’intera area industriale, che rispetto alle nuove assunzioni in altri comparti della Pubblica Amministrazione rappresentano comunque cifre irrisorie.
D’altra parte, il continuo passaggio nei ruoli civili di ex militari, dichiarati inidonei al servizio militare, non rappresenta una risposta adeguata al rilancio degli Arsenali, in quanto i profili attribuiti a quest’ultimi, risultano incoerenti con la loro precedente esperienza lavorativa, incongruenti con le loro condizioni fisiche e come conseguenza riducono di fatto il potenziale professionale delle varie attività
lavorative.
Sarebbe il caso che di tali passaggi di contingente sempre più numeroso, si faccia carico l’intera Pubblica Amministrazione, così da venire anche incontro alle esigenze del personale che potrebbe trovare utile collocazione in sedi prossime alle loro residenze. Sarebbe anche il caso di chiedersi del perché in così pochi anni di servizio militare un contingente così massiccio di personale militare risulta inidoneo o
contrae malattia in servizio considerata la loro giovanissima età.
In tale contesto, si ha il sospetto che dietro tali scelte, ci sia un disegno che punti alla mortificazione delle professionalità negli Arsenali in modo da giustificare un domani provvedimenti di ristrutturazione in chiave riduttiva. Occorrono invece scelte coraggiose per un credibile rilancio degli Arsenali, che
non è utile solo alla Marina, ma è decisivo per lo sviluppo economico e sociale delle aree in cui ricadono offrendo nuove prospettive di lavoro. Non avrebbe senso, anzi sarebbe gravemente censurabile come danno all’erario, lasciare che gli Arsenali rischino di morire, dopo che per anni sono state spesi dallo Stato milioni di euro per il loro rilancio.
Il rischio è che dopo aver rimesso a posto gli Arsenali con denaro pubblico, essi vengano dismessi a beneficio di qualche gruppo industriale o di speculatori privati. Crediamo sia arrivato il momento di dire basta a questa scandalosa vicenda di cui i vertici militari e l’apparto politico si sono distinti come attori protagonisti, unici e includenti nel più ampio palcoscenico della pubblica amministrazione. La FP CGIL Ministero Difesa rappresenterà tutte le problematiche esposte in tutte le sedi opportune e avvierà una campagna di sensibilizzazione tra i lavoratori.

Sebastiano Trigilio Funzione Pubblica Cgil

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