Malta. Tangenti, politica, petrolio, droga e gioco d’azzardo dietro la morte della giornalista maltese

Nel reportage pubblicato dall’Espresso traspare un romanzo criminale con allo sfondo l’sola di Malta, la Sicilia, la mafia, una montagna di droga, gioco d’azzardo, petrolio e tanti soldi. Daphne Caruana Galizia (nella foto) la giornalista maltese uccisa nell’attentato a Malta sei mesi fa aveva scoperto uno scandalo di petrolio e tangenti pagate, secondo i documenti pubblicati, dal regime dell’Azerbaijan ai vertici del governo maltese, coinvolgendo la moglie del premier Josep Muscat. Ha anche raccontato come l’isola di Malta si è trasformata in uno dei luoghi prediletti per il traffico internazionale di droga, facendo nomi e cognomi dei presunti protagonisti del business, tra i quali quello di Antoine Azzopardi. Per questo motivo desta inquietudine la morte di Daphne Caruana Galizia, 53 anni, fatta saltare in aria all’interno della sua auto a Bidnija, il villaggio dove la giornalista abitava insieme alla famiglia. Nell’Isola di Malta si scopre che c’è la sede sociale delle lobby del gioco d’azzardo. Una potenza economica in grado di fare la differenza anche nelle decisioni del governo nella piccola isola del Mediterraneo

Tutto si chiarisce e si collega con le indagini sull’operazione “Dirty Oil” della Dda di Catania che si spostano, oltre al territorio catanese e siracusano, anche in quello di Trapani. Il forte sospetto del possibile coinvolgimento nel traffico internazionale d’idrocarburi e altre attività criminose, come droga, gioco d’azzardo e altro ancora, con l’epicentro nell’isola di Malta della mafia, con gli uomini fidatissimi di Matteo Messina Denaro la cui presenza è stata registrata nel territorio tra Pozzallo e Pachino circa un anno e mezzo fa, per sparire all’improvviso a bordo di un’imbarcazione da diporto di grosse dimensioni.

Per inquirenti e investigatori, in questo contesto criminale si collegherebbe anche l’omicidio della giornalista Dapfne Caruana Galizia uccisa a Malta all’interno della sua auto fatta saltare in aria con un ordigno di alto potenziale. Sarebbero alcuni articoli di denuncia pubblicati il mese di marzo scorso, e due messaggi telefonici inviati in tempi recenti al suo avvocato, alla base delle indagini della polizia maltese per un indizio o una pista da seguire nell’inchiesta sulla morte della giornalista Daphne Caruana Galizia. Una delle tracce porterebbe a Cosa Nostra trapanese e catanese, alle ‘ndrine calabresi e alla camorra. Secondo gli ultimi sviluppi d’indagine, le mafie si starebbero infiltrando in settori molto remunerativi dell’economia nel Mar Mediterraneo specie in Sicilia e con l’Isola di Malta al centro dei tanti traffici internazionali che fungerebbe da Base operativa per mafiosi, faccendieri, servizi segreti di mezzo mondo e degli agenti del terrorismo legato all’Isis, ma sul traffico internazionale di carburante, della droga, da un lato e, dall’altro, il settore miliardario delle scommesse online.

Ad aprire un faro sulla possibile pista del traffico di carburante, suo malgrado, è la stessa Daphne Caruana Galizia che in un articolo apparso sul suo blog Running Commentary, il 31 ottobre del 2016, spiegava la diversità tra le modalità con le quali vengono uccisi i trafficanti di droga e quelli di idrocarburi. I primi, secondo Caruana Galizia, sono uccisi da sicari a colpi di pistola mentre i secondi con un metodo dal “gusto siciliano”: fatti esplodere con bombe all’interno delle proprie macchine. “Un’altra bomba in un’altra macchina e un altro uomo morto – scrive la giornalista – Ho pensato: ecco un altro trafficante di carburante. Perché il disegno nelle uccisioni criminali negli ultimi anni a Malta è che i trafficanti di gasolio vengono fatti saltare in aria nelle loro autovetture, mentre quelli di droga uccisi da sicari assoldati”.

A riportare il tutto sulle coste della Sicilia orientale, a 48 ore dall’esplosione della macchina della giornalista, sarebbe un’operazione della Dda di Catania e delle fiamme gialle catanesi, Dirty Oil, che ha bloccato un gigantesco traffico di carburante che, dalle coste libiche, arrivava in Europa anche con l’aiuto della mafia catanese.

Il collegamento tra i due eventi fu smentito, in conferenza stampa dal Procuratore Capo Carmelo Zuccaro, tuttavia è innegabile che la giornalista maltese come si evince dalla lettura dei suoi stessi lavori, da circa un anno indagava proprio sui rapporti tra criminalità libica, maltese e quella siciliana con ramificazioni in tutto il territorio italiano e sugli scambi commerciali all’interno del Mar Mediterraneo.

L’indagine della guardia di finanza etnea, coordinata dalla Procura, ha portato ad un risultato preciso: l’individuazione di un’associazione criminale dedita al riciclaggio e alla vendita di gasolio rubato da una raffineria di Zawyia (a 40 km ovest da Tripoli) e destinato, dopo miscelazione, ad essere immesso nel mercato italiano ed europeo anche come carburante da autotrazione. Il Gip del tribunale di Catania ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 9 persone, sei in carcere e tre agli arresti domiciliari.

Alla banda, che si è avvalsa anche dell’opera di miliziani libici armati dislocati nella fascia costiera confinante con la Tunisia, è stata anche contestata l’aggravante mafiosa dalla presenza di Nicola Orazio Romeo ritenuto vicino alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. In un anno d’indagini, i militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di Finanza di Catania, sono riusciti a documentare dettagliatamente oltre 30 viaggi nei quali sono stati importati via mare dalla Libia oltre 80 milioni di chili di gasolio per un valore all’acquisto di circa 30 milioni di euro. Tra i soggetti coinvolti nel traffico internazionale di prodotti petroliferi libici e arrestati, figurano l’amministratore delegato della Maxcom Bunker Spa, Marco Porta, Fahmi Mousa Saleem Ben Khalifa, alias “il Malem” (il capo) – nato in Libia, fuggito dal carcere nel 2011 con la caduta del regime di Gheddafi dove stava scontando una condanna a 15 anni per traffico di droga – il catanese Nicola Orazio Romeo, i cittadini maltesi Darren e Gordon Debono e il libico, originario di Zuwara, Tareq Dardan.

Francis D’Emilio, inviata di Associated Press in Italia, in un lungo articolo pubblicato per l’agenzia di stampa internazionale cita a sua volta l’inchiesta di Giuliano Foschini, pubblicata giorni or sono su Repubblica, in cui il giornalista getta un’ombra sui collegamenti tra mafie nostrane e la brutale scomparsa di Daphne Caruana Galizia. “Nei mesi scorsi si era occupata di quel contrabbando di petrolio che, parte dalla Libia, si ferma al largo di Malta, e dopo essere transitato a bordo di petroliere russe, fa rotta verso la Sicilia così come in altre regioni d’Italia. Un sistema che provoca un danno alle casse italiane di qualche centinaia di milioni di euro”, scrive Foschini nell’articolo Giornalista uccisa a Malta, la pista dei narcos italiani, e conclude “A Malta, documentano le indagini delle procure italiane, sono arrivati ‘ndranghetisti e mafiosi. Si sono trasferiti i baresi delle società di scommesse. Portano il denaro i trafficanti di uomini somali e i colonnelli di Gheddafi in fuga della Libia”.

D’Emilio, da parte sua, utilizza il lavoro di Foschini per collegare questa intuizione con l’operazione delle Fiamme gialle catanesi e i collegamenti con un altro business attualmente preso di mira dalle organizzazioni criminali, quello delle scommesse online. “Malta ha la reputazione d’essere un paradiso fiscale – scrive D’Emilio nell’articolo Bootleg Libyan oil, shady havens: Slain reporter’s beats pubblicato ieri su Apnews.org – che più volte ha attratto le attenzioni di molte compagnie di scommesse online che, proprio lì, hanno messo radici. Gli inquirenti italiani, del resto, sottolineano che da anni la Camorra e altre organizzazioni criminali hanno infiltrato pesantemente le operazioni di scommesse internazionali online”. “Caruana Galizia – aggiunge – è divenuta famosa a livello internazionale dopo che ha messo in luce i collegamenti maltesi con i documenti dello scandalo sui paradisi fiscali, chiamato Panama Papers, che ha scoperto compagnie offshore gestite da politici e altri Vip in tutto il mondo”.

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