Inchiesta Procura di Roma: la corruzione e i dintorni del “Sistema Siracusa”

Piero Amara era a capo del “Sistema Siracusa” assieme al suo sodale Giuseppe Calafiore diventati per causa di forza maggiore collaboratori di giustizia, con rivelazioni fiume riscontrate dai pm di Roma e di Messina, che hanno già intrappolato tanti colletti bianchi e tanti personaggi importanti.

Interrogatori senza fine a cui i due professionisti si sono sottoposti subito dopo la decisione di collaborare con la magistratura inquirente; sono scaturiti mille riscontri investigativi che hanno fatto luce sui tanti fatti di corruzione. Piero Amara è fra i 31 per i quali il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, lo scorso 21 dicembre ha chiesto la proroga delle indagini, notificata agli interessati qualche giorno fa dal gip Daniela Caramico D’Auria, con le ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta e rivelazione di segreto d’ufficio, stessa cosa contestata a Giuseppe Calafiore.

In totale sono cinque gli episodi contestati dai magistrati romani. In base agli accertamenti le mazzette messe a disposizioni dei giudici corrotti sarebbero di 150mila euro. L’indagine si basa sulle dichiarazioni fatte negli ultimi mesi dagli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati nel febbraio del 2018 scorso nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta. Dichiarazioni riscontrate dai magistrati e inquirenti, attraverso intercettazioni e analisi dei flussi finanziari.

Nella funzione di giudici – scrive il gip nell’ordinanza – «hanno posto a disposizione dei privati la loro funzione, contravvenendo ai doveri di imparzialità e terzietà e ricevendo in cambio un’utilità economica e ciò, indipendentemente dall’esito favorevole o sfavorevole delle decisioni assunte». Tre episodi sono contestati al giudice del Consiglio di Stato (ora sospeso) Russo e due all’ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, De Lipsis. In base a quanto raccontato da Amara, Russo avrebbe ottenuto da lui circa 80mila euro (e altri 60mila promessi), per aggiustare sentenze di tre procedimenti. A svolgere un ruolo di «mediatore», in base a quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe stato anche l’avvocato Stefano Vinti oggetto questa mattina di una perquisizione. Il suo nome spunta in una vecchia intercettazione nell’ambito del caso Consip, finita agli atti dell’indagine.

De Lipsis poi avrebbe incassato tangenti per 80mila euro per intervenire su alcune sentenze. Tra queste anche quella relativa ad un contenzioso che la società Open Land, rappresentata da Amara, aveva con il comune di Siracusa. Il giudice, attraverso la nomina di consulenti graditi ad Amara e Calafiore, fa ottenere alla società un risarcimento dal comune di Siracusa di 24 milioni euro. Per questa operazione De Lipsis avrebbe ottenuto ben 50mila euro di tangenti. Infine l’ex presidente del Cga è intervenuto, in qualità di presidente del collegio, nella vicenda relativa al ricorso presentato da Giuseppe Gennuso dopo la sua mancata elezioni alle amministrative del 2012. Il tribunale amministrativo annullò quel risultato elettorale di Siracusa favorendo Gennuso che fu rieletto alla nuova tornata. In cambio il giudice avrebbe ottenuto 30mila euro.

Si registra in questo procedimento cautelare il ritorno con forza del caso del maxi risarcimento dei danni a favore della società interessata alla costruzione del centro commerciale ad Epipoli, Open Land, in danno al comune di Siracusa. Per i pm romani, tramite di un intermediario individuato nell’avv. Luigi Pietro Caruso, il giudice Raffaele De Lipsis, quale presidente del Cga, avrebbe ricevuto in almeno tre occasioni la somma complessiva di 50 mila euro, per pronunciare provvedimenti favorevoli alla società Open Land e alla Am Group. Le somme sarebbero state consegnate dall’avv. Piero Amara e dall’avv. Giuseppe Calafiore per ottenere in un primo caso la nomina come consulente di Salvatore Maria Pace per quantificare il risarcimento del danno da ritardo subito da Open Land nel giudizio di ottemperanza nei confronti del Comune di Siracusa; nel secondo caso, la nomina come consulente di Vincenzo Naso per verificare la congruità dei criteri di danno risarcibile esposti dalla perizia di parte, redatta dal consulente tecnico della Am Group. La nomina dei due consulenti, coinvolti nella vicenda, “Sistema Siracusa”, serviva ad accrescere il risarcimento del danno, stimato inizialmente in 24 milioni di euro, poi scesi a 2milioni 800 mila euro, già pagati dal Comune di Siracusa.

C.A.

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