In Sicilia favorito il M5Stelle in accordo con Fava, Musumeci come la borsa sale e scende e un Pd in cerca di “equilibrio”

Le regionali di novembre in Sicilia segnano una corsa ad ostacoli verso il Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale siciliana con i suoi oltre 900 anni di storia è il primo Parlamento che fu istituito da Ruggero II nel 1097, dove i commessi ricevono gli ospiti con la divisa in grande gala, come i colleghi del Senato.

La Sicilia è stata da sempre un’officina politica di rango ma oggi per vincere bisogna stringere accordi e patti con tutti i poteri locali, anche quelli inconfessabili, mafia compresa, dove le carriere politiche sono come il duomo di Siracusa, a stratificazioni, da tempio siculo a jonico a dorico a prima chiesa cristiana d’occidente, a moschea musulmana, fino a tornare duomo cattolico-cristiano, ma rimanendo fino in fondo fedeli a un’identità che precede culture e religioni che tutte riassume. Ma a spareggiare i conti è stata l’invenzione del candidato-presidente del rettore Fabrizio Micari per il centrosinistra fortemente mutilato dai mille fallimenti, dalle false promesse e dall’abbraccio mortale con Crocetta; Giancarlo Cancelleri, per il fronte del Movimento 5Stelle è apparso subito preferito nella gara, mentre Nello Musumeci resta tra Silvio Berlusconi, filosofi e scrittori in cerca d”autore e il restante centrodestra risorto che oscilla come la borsa di Milano. Ma chi ha sparigliato il gioco in maniera coerente a sinistra è stato Pierluigi Bersani con Claudio Fava presidente, dove i vari gruppi storici della sinistra, ognuno con la propria partita in riga, sono contro un Pd che rischia di affondare e dilaniarsi nella resa dei conti e nella possibile sconfitta in Sicilia per pagare lo scotto di un fallimento targato Crocetta, favorendo oltremodo il Movimento 5Stelle che rischia di conquistare per la prima volta una regione alleandosi con Fava.

E sullo sfondo, come un dilemma, le divisioni dei giochi allo specchio per le manovre degli ex presidenti Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo con mezzo l’uscente Rosario Crocetta che seguendo i consigli di amici e parenti di trattare con il Pd un posto da senatore in cambio del ritiro silenzioso dalla Regione, ma che in caso contrario era pronto a ricandidarsi, spaccando il centrosinistra e restituendo a Micciché la cortesia che gli fece lui cinque anni fa dividendo la destra e regalando la vittoria al Pd; appare come se gli scenari politici e le strategie nazionali dopo il voto siciliano interessassero più per la nascita e la consacrazione di una nuova specie protetta politica per attraversare lo stretto per le politiche del 2018 e vincere di misura, mentre il M5S si prepara alla conquista della Sicilia, predicando il cambio degli eletti e la conservazione degli elettori, necessariamente nelle loro cattive abitudini, abusivismo, clientelismo, spreco di risorse pubbliche; la vecchia litania per cambiare tutto per non cambiare niente, ma le preferenze ci saranno e appaiono come un’istigazione a delinquere per i futuri candidati nel vecchio parlamento siciliano, in cui ci saranno tanti impresentabili e tanti furbacchioni dilungo pelo.

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