Siracusa. Intimidazioni avvocato Favi e cronista Scariolo: frenetica attività investigativa di polizia e carabinieri

Sono da considerate davvero troppe le auto date alle fiamme con lo sfondo dell’intimidazione nel territorio della provincia di Siracusa con una media di una al giorno. Il clima che si respira è davvero pesante. L’ultimo atto criminale registrato (oltre a tanti altri che hanno fatto meno scalpore) dopo l’incendio dell’auto del giornalista siracusano Gaetano Scariolo, è l’auto data alle fiamme da sconosciuti dell’avvocato siracusano Francesco Favi, presidente dell’Ordine degli avvocati di Siracusa e figlio del magistrato in pensione, Dolcino Favi.

Nel primo caso indagano gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Siracusa; mentre per il secondo indagano i carabinieri della Sezione investigativa del reparto operativo. In entrami i casi, gli investigatori stanno analizzando le immagini delle telecamere di videosorveglianza nella zona, dove abitano le vittime predestinate, oltre alle testimonianze di vicini e chi si trovava a transitare a quell’ora nelle zone interessate agli incendi a piedi, in moto o in auto. Polizia e carabinieri stanno scrutando anche ogni minimo indizio proveniente dagli ambienti malavitosi in cerca di possibili tracce che possano collegare i due gesti intimidatori ai responsabili. Al momento sono molte sono le piste che seguono inquirenti e investigatori, che si sono però trincerati dietro il più stretto riserbo.

Un’attività investigativa minuziosa, nella logica che portò alla scoperta degli autori dell’intimidazione e con la stessa tenacia che portò all’identificazione degli autori che hanno dato alle fiamme l’auto dell’ex sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo; in un primo momento confusa con il coinvolgimento della malavita organizzata, o mafia che dir si voglia, per scoprire che si trattava di fatti derivati dall’attività amministrativa della carica di sindaco.

La forza intimidatrice vince con il vincolo associativo e la condizione di assoggettamento e di omertà che deriva dall’intimidazione. Ciò è particolarmente vero nelle aree tradizionalmente mafiose, dove più forte è la cultura della sudditanza, ma qui da noi, diventa un modus operante. Chi subisce l’attentato è testimone di una forma di sopraffazione, è spesso, vista in questi termini, significa essere colpevole di fatti che entrano nella sfera emozionale della vita privata, lavorativa o affettiva, di una sub-cultura relegata spesso a fattori di rischio sociale. Le vittime di solito prendono coscienza della propria dignità, e hanno provato ad affrancarsi dal dominio con la denuncia pubblica, forte e chiara. Nella provincia di Siracusa nel tempo è lunghissima la lista delle minacce con le fiamme, colpi di pistola e bombe a scopo intimidatorio, ma non è mafia. A confermare tale siffatta condizione, oltre alla matrice intimidatoria, sono inquirenti e investigatori, per chiarire che in merito nessuna pista è esclusa e che l’attenzione investigativa è ai livelli massimi. Episodi del genere devono essere immediatamente combattuti e rimossi, vittime predestinate a ventaglio sono, giornalisti, avvocati, sindacalisti, uomini delle forze dell’ordine, politici e comuni cittadini.

Concetto Alota

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