Augusta. Gli ambientalisti s’interrogano su deposito Gas, parco serbatoio, discariche, veleni e aria irrespirabile

Strage di Viareggio e l’affinità con il pericolo di un rigassificatore, o di un deposito di gas sotto casa, come nel progetto in fase avanzata nel porto di Augusta. Lo spunto è fornito dalla riflessione ad alta voce di Giovanni Intravaia, sempre attento alle rivoluzioni delle società nelle sue varie sfaccettature, economiche, politiche e sociali. La sua sintesi riflessiva parte dalla ricostruzione del disastro di Viareggio con 32 vittime, che resta uno dei disastri italiani degli ultimi 50 anni.

La Storia. Il 29 giugno del 2009, alle 23.48, un treno merci con 14 cisterne cariche di Gpl deragliò, per la rottura di un asse, mentre attraversava la stazione di Viareggio, situata nel centro abitato. Quattro cisterne si ribaltarono; in una si aprì uno squarcio di 40 centimetri da cui uscì il gas. Pochi minuti dopo le esplosioni. Le abitazioni di due strade, via Ponchielli e via Porta Pietrasanta, furono investite dal fuoco e spazzati via; morirono 32 persone e 25 furono i feriti.

Il paragone spinge il pensiero nel rigassificatore che si voleva realizzare ad Augusta anni or sono oppure di un più semplice deposito di gas che si vorrebbe realizzare nel porto di Augusta. Entrambi impianti industriali che portano con sé numerosi vantaggi dal punto di vista meramente economico per la presenza di una tecnologia che permette di immettere nel mercato il gas naturale estratto con molta più facilità, ma di contro sono a forte rischio effetto domino; si tratta di gas e la prova si trova nei tanti disastri causati dalla fuga, come a Viareggio in premessa, dall’innesco e dalle esplosioni avvenuti nel mondo e di cui a volte si tenta di soffocare la notizia.

Il tema da anni interessa il territorio siracusano e dobbiamo riconoscere che se nessuno vuole che siano costruiti i rigassificatori o piazzati depositi di gas sotto casa, un motivo dovrà pur esserci. Limiti e pericoli esistono, certamente, ed è giusto non sottovalutarli. E ci sono anche i pericoli legati ad un impianto di questo tipo, perché comunque nel caso di rigassificatire o di deposito, si tratta di gas altamente infiammabile e questo pone gli impianti ad un alto livello di pericolosità. Il rischio di esplosioni è sicuramente da non trascurare, esplosioni che potrebbero arrivare a distruggere anche l’intera costa interessata dall’impianto; se poi, per rimanere a casa nostra, nel territorio del petrolchimico aggiungiamo i milioni di tonnellate di idrocarburi, benzina, gasolio petrolio e mille altri prodotti a rischio incendio o esplosione stoccati nei mille depositi in lungo e in largo, come le tante discariche velenose, la pirite, l’amianto, i veleni nei fondali marini, i gas che appestano l’aria e tanto altro ancora, ecco che appare “l’inferno sulla terra”.

E ancora gas. Il 19 novembre del 1984, a Città del Messico, una perdita di gas nei pressi del deposito della Pemex per la di distribuzione e stoccaggio di Gpl. Le conseguenze sono catastrofiche: il gas, fortemente combustibile, viene a contatto ben presto con una fiamma, che genera una nube di fuoco enorme (chiamata Bleve), accompagnata da otto esplosioni successive. Il bilancio dell’incidente è gravissimo: muoiono oltre 500 persone, mentre circa 7000 feriti riportano gravi ustioni.

Negli ultimi decenni si sono verificati diversi casi d’incidenti dalla scenografia meno catastrofica, tuttavia preoccupanti per i danni apportati a cose e o persone. Le cause di questi avvenimenti sono tantissime e si perdono, per numero e quantità, tuttavia ogni motivazione segue un filo comune, facilmente immaginabile, rappresentato dalla forte infiammabilità dei Gas in generale, e da tutti i rischi di avvelenamento e soffocamento combinato.

Incidenti avvenuti nell’arco di soli 5 anni, a cavallo tra il 2001 e il 2006, nel numero di 47, legati al Gpl, sono decedute 6 persone e vi sono stati all’incirca 35 feriti. Nell’arco di 45 anni, tra il 1939 e il 1985, sono decedute oltre 620 persone per scoppi riconducibili a depositi di Gas, o alle strutture dei i trasporti collegati.

Le cause d’incidenti potenzialmente rilevanti relativi nelle vicinanze dei depositi di gas, legate dal comune denominatore rappresentato dall’alta infiammabilità, sono ravvisabili nella maggior parte dei casi nella rottura del materiale adibito al trasporto e al deposito di Gpl, nave, treno, autobotte su gomma. Un caso grave è il deragliamento della cisterna ferroviaria Gpl a Meddrim, in Georgia, che comportò la morte di 26 persone.

L’altra motivazione più frequente è rappresentata dalla fuga di materiale in fase di lavorazione, come il riempimento di bombole, o la perdita di Gpl durante il travaso in Massachussetts del 1972, con un’esplosione che ha spazzato via tutti i materiali a oltre 700 metri.

Ora è d’attualità la proposta progettuale di un deposito di Gnl nel porto di Augusta. E se è vero che la maggior parte degli incidenti di cui si può avere una fornita documentazione riguarda periodi storici in cui la sicurezza era ancor più sottoposta al profitto rispetto ad oggi, è altrettanto vero che, il progetto del deposito nel porto megarese viene spesso messo sotto accusa per la possibile poca sicurezza: “troppo vicino ai centri abitati”, dicono le associazioni ambientalisti. Ma questo è di certo legato alle vie delle azioni legali. I Comitati di base contro l’inquinamento selvaggio continuano a sostenere la battaglia con le sorelle associazioni ambientaliste, tutti insieme contestano con ogni mezzo i possibili connubi e omissioni.

Concetto Alota

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