
15 dicembre 2021- Il 3 luglio 2009 un’autocolonna delle forze di sicurezza afghane e i militari italiani, impegnati nella missione di pace, stava attraversando la località di Shindand, nella parte meridionale della provincia di Herat. A operare in quella zona dell’Afghanistan erano i militari della Folgore che si alternavano con la Brigata Sassari nel controllo dell’intero territorio liberato dalla presenza dei talebani. C’era molta tensione in quell’area del paese, vicina alla provincia di Farah, ad altissimo rischio attentati.
Quel venerdì 3 luglio a guidare il mezzo blindato Lince, che apriva l’autocolonna di scorta ad alcune personalità, c’era il caporal maggiore catanese Giovanni Davide Grasso, che aveva 28 anni. “Mentre percorrevamo la strada – racconta Grasso – ho notato che davanti a noi è comparsa, quasi dal nulla, un’auto sgangherata, alla cui guida c’era un uomo, che procedeva contromano. Ho intuito che si trattasse di un attentatore suicida e che ci fosse il pericolo di un’imminente esplosione. D’istinto ho sterzato per evitare l’impatto con la vettura. E’ stata una mossa rischiosa ma che necessaria perché ha salvato la vita a me e alle altre persone che occupavano il blindato. Un istante dopo, infatti, abbiamo sentito una potente deflagrazione, lo spostamento d’aria ha fatto ribaltare il mezzo blindato su cui viaggiavamo”. Nelle successive e concitate fasi, il militare catanese ha riportato una frattura al polso. Nonostante ferito, è uscito a fatica dal blindato che prendeva fuoco, portando in salvo gli altri occupanti, con l’aiuto degli altri commilitoni, anche loro illesi da quell’attentato, tranne un altro militare rimasto lievemente ferito. Grasso fu poi trasportato all’ospedale di Herat dove fu ricoverato per le lesioni al polso e in altre parti del corpo.
Dopo l’esperienza in Afghanistan, Grasso è stato trasferito a Catania dove tutt’oggi continua il servizio militare. “Di quell’episodio mi porto dentro tracce indelebili – dice Grasso – mi sento spesso con altri colleghi, alcuni dei quali sono rimasti in Afghanistan, con cui ho condiviso quella terribile esperienza che ci ha provato profondamente ma, allo stesso tempo, ci ha dato la misura dell’importanza della missione che stavamo svolgendo in una terra martoriata dalla guerra civile”. Per quell’attentato, Grasso ha ricevuto dalle mani del prefetto Librizzi, la medaglia d’oro per le vittime del terrorismo, conferitagli dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Sono contento e orgoglioso dell’onorificenza ricevuta – dice il militare dell’Esercito Italiano – perché è la sintesi di una missione al servizio delle popolazioni civili oppresse e vittime di soprusi. Mi rattrista, però, quanto accaduto di recente in Afghanistan. Per tanti anni abbiamo rischiato la vita per istruire i cittadini; abbiamo combattuto per ridare libertà e dignità al popolo afghano, per cui trovo angosciante avere appreso che in quei territori oggi abbiano ripreso il potere i talebani dopo che le forze di pace hanno lasciato quei territori”.
Francesco Nania
