Petrolchimico siracusano: i cittadini assediati dal coronavirus e dall’inquinamento selvaggio 


Con l’avvento del coronavirus la qualità dell’aria è migliorata; nei centri urbani biossido di azoto, monossido di azoto, benzene sono diminuite e le concentrazioni rilevate si sono sensibilmente ridotte. È l’effetto della riduzione delle emissioni connessa alla diminuzione dei flussi di traffico, che in ambito urbano è certamente la prima fonte di inquinamento. Tale siffatta condizione non vale per il cielo del petrolchimico siracusano, così come per le altre zone industriali della Sicilia. E la storia si ripete con puzza e miasmi che accompagnano senza tregua i cittadini residenti nei comuni nel comprensorio industriale siracusano mentre le lamentele alle istituzioni rimangono lettera morta; nel tardo pomeriggio di ieri hanno segnalato, sia attraverso l’app destinata, sia sui Social, una lunga fumata nera e una puzza irresistibile, insopportabile, di idrocarburi che si è sprigionata e si è protratta per tutta la serata e durante la notte si è addirittura rafforzata. Situazione a cui si è aggiunto il solito rumore assordante simile alla partenza di un reattore che spesso rimbomba nel silenzio della notte per fermarsi all’improvviso già da qualche tempo.

La segnalazione è stata fatta, oltre che attraverso le foto con la data pubblicate, da alcuni cittadini che abitano nei comuni nei pressi delle raffinerie. Che si tratti di idrocarburi non ci sono dubbi e la fonte secondo la foto fa riferimento a “giro pizza” alle varie raffinerie; le torce e le ciminiere che vomitano fuoco e fumo è riferito da sempre ai diversi impianti che insistono nella zona industriale siracusana; secondo alcuni addetti ai lavori si potrebbe trattare di un metodo per liberarsi di rifiuti industriali a buon mercato. A sollevare il problema degli odori molesti che sempre più spesso ammorbano i centri urbani dei comuni del petrolchimico, sono quasi sempre i cittadini dei comuni viciniori che con macchina fotografica alla mano postano sui Social e inviano le foto alle redazioni dei giornali e alle autorità preposte; ma i risultati, purtroppo, sono una sequela di lamentele e nulla più; colpa anche del coronavirus che tiene lontano gli addetti ai lavori impegnati nelle indagini della malasanità, oltre al silenzio endemico di alcuni sindaci dei comuni industriali impegnati più a far politica che dalla funzione di responsabili della salute pubblica. Si è registrato finanche la concessione di contributi a fondo perduto da parte di industrie vicini ad alcuni comuni della zona industriale; la giustificazione, logica deduzione dichiarata in pompa magna, un aiuto per combattere il coronavirus. E se dovessimo forzare la mano, troveremmo nell’angolo dei vari salotti della politica locale i motivi di tanto interesse e connubi perpetui con le industrie.

Il territorio industriale siracusano continua ad essere invaso da cattivi odori molesti di origine industriale che spesso costringono i cittadini a rinchiudersi all’interno delle proprie abitazioni. Alcuni residenti hanno nel tempo segnalato disturbi fisici come bruciore alla gola e agli occhi; il territorio continua a subire angherie da certe istituzioni che sembrano voler nascondere a volte la realtà dei fatti.

Aspettando la verità da oltre mezzo secolo abbiamo sommato migliaia di morti e un esercito di sofferenti e il forte rischio tumori. Nella buona sostanza, i residenti nel territorio siracusano, sono da considerare tutti ammalati cronici e terminali. Per decenni i colossi della chimica e della raffinazione hanno inquinato i corsi d’acqua, le falde acquifere, il mare, il cielo e la terra.

Le associazione ambientaliste e i comitati di base formati da cittadini, hanno promosso varie campagne di sensibilizzazione chiedendo un monitoraggio e le analisi sulle emissioni odorigene già da anni; è chiaro che le diverse note diffuse delle istituzioni confermano la correlazione tra gli odori molesti e le emissioni fuggitive delle Raffineria del petrolchimico, la puzza non può essere eliminata; si tratta di fabbriche di veleni e non di profumi. Non c’è la volontà politica di colpire chi inquina; troppi interessi si intrecciano e a vincere è sempre il “banco”.

In un incontro che si tenuto subito dopo la fine dei lavori della fermata nella raffineria ex Esso, la Sonatrach ha presentato i numeri sulla manutenzione e modifica degli impianti della propria raffineria di Augusta rimessa a nuovo. “Riconsegniamo una Raffineria ancora più affidabile e dotata dei più moderni dispositivi di controllo che continueranno ad assicurare nel tempo sostenibilità ambientale e sicurezza”. Così l’amministratore delegato di Sonatrach (Italia), Rosario Pistorio alla conferenza di presentazione dei risultati della fermata generale di manutenzione della Raffineria di Augusta, ex Esso, che ha visto coinvolte più di 100 ditte con oltre il 90% di maestranze locali con picchi di oltre 4300 addetti per un totale di circa tre milioni e mezzo di ore lavorate, per un totale di spesa di circa 190 milioni di euro. “La proiezione di lungo termine, a 20-30 anni, che vede ancora la fonte petrolifera come componente essenziale per l’approvvigionamento energetico – ha detto ancora l’Ing Pistorio – è realizzabile solo se basata sull’integrità delle operazioni, il rispetto per l’ambiente e per le comunità in cui si opera”

Un auspicio diplomatico che non lascia dubbi sul progetto robusto e ben pianificato, studiato nei minimi particolari; la Sonatrach di Augusta si adegua, nel gioco delle parti, almeno sulla carta, alla ripresa del mercato del petrolio e al rispetto dichiarato della riduzione degli inquinanti secondo la normativa. Le compagnie petrolifere, dopo la chiusura di oltre una dozzina di raffinerie in Europa, sono rimaste in attesa per anni del possibile picco del petrolio con il calo drasticamente del consumo e rendere gli impianti sovrabbondanti rispetto alle necessità di produzione.

Da parecchi anni si è avuto al contrario un netto aumento degli investimenti, sia in nuovi impianti sia nel miglioramento di quelli esistenti. Una condizione che, però, non ci libera affatto dall’inquinamento incontrollato e senza alcuna possibile difesa dell’ambiente per i tanti potenziali connubi tra la politica e gli interessi in ballo, gli uomini delle istituzioni preposti e gli industriali senza scrupoli. Un ricatto occupazionale e il continuo scambio di favori. Un vizio tanto vecchio e tanto amato. Specie in tempi di crisi economica profonda.

Il problema rimane nel conciliare la produzione d’idrocarburi e il forte inquinamento che insiste nel territorio industriale siracusano. L’industria in generale contribuisce in modo molto sensibile alla cattiva qualità dell’aria. Molti inquinanti che sembravano essere finiti nell’oblio e che invece contribuiscono in modo molto pesante a rendere insalubre l’aria respirata nei luoghi di lavoro e nei centri urbani limitrofi alle aree industriali. L’industria quindi continua ad inquinare l’aria che respiriamo, oltre a produrre reflui liquidi da depurare e rifiuti solidi da trattare e smaltire in modo adeguato ma che a sua volta si legano ad altri interessi. La raffinazione petrolifera immette nell’aria, sempre nei limiti tollerati, sino a riprova del contrario, nei cieli dei comuni industriali, veleni dannosi alla vita in generale; ma non la pensano così i consulenti della Procura di Siracusa che scrivono di un costante e forte inquinamento nel territorio industriale siracusano.

Dopo 70anni d’inquinamento selvaggio di silenzi, tra intrighi e connubi e un gioco “al gatto e la volpe”, a pensare male non si sbaglia mai; ed ecco che le visioni delle torce e camini delle varie raffinerie sono sempre molto dense di fumi neri e sinistri. Il territorio industriale siracusano inutile nasconderlo è soffocato da anni da veleni nella falda acquifera, nell’aria, nel mare e nella terra. La raffinazione di petrolio ha gravi conseguenze sull’ambiente e sulle persone. Una raffineria di petrolio è un impianto industriale con un forte impatto ambientale, e le emissioni, pur ridotte, non sono mai del tutto annullate, e le grandi dimensioni di questi impianti creano emissioni inquinanti, piccole se considerate relativamente, comunque importanti in termini assoluti d’inquinamento.

D’altra parte, le raffinerie sono un tassello essenziale nella filosofia della nostra vita attuale. È quindi giusto operare per un sempre minore impatto ambientale; si deve pur sempre tenere conto che nessun processo, fisico o chimico, può mai lasciare inalterato l’ambiente che lo circonda.

È particolarmente onerosa la dismissione di una raffineria, per la contaminazione dei terreni circostanti con rifiuti e liquami tossici. Una tecnica utilizzata per le bonifiche attraverso l’assorbimento termico che consiste nel bruciare i residui petroliferi, con notevoli disagi per la popolazione sottoposta all’inalazione di fumi tossici e puzza nauseabonda che somiglia molto al continuo, sfiaccola-mento notturno che si verifica regolarmente nella zona industriale siracusana da sempre tra sussurra e grida, luci e ombre, affari e politica.

Concetto Alota

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