La Società. Il maestro Umberto Eco, i Social, i colti e gli acculturati, i ruffiani, ma la medaglia d’oro spetta ai vili

Gli “acculturati” tentano di scambiarsi come uomini colti, dimostrando di essere invece tanti fantasmi in quella cultura che credono di aver assommato. Potremmo definirli in tanti altri modi, se non amassero particolarmente i Social, dei veri e propri cortili, dove trovano la loro pseudo liberazione “culturale”. Possono offendere, calunniare, diffamare, sferrare colpi bassi, pubblicare notizie false, tendenziose, ridere fino a piangere e tante altre cose ancora.

A regolare questo rompicapo in sintesi e con poche parole ci ha pensato anzitempo Umberto Eco. Per chi non lo conoscesse l’intellettuale più noto d’Italia. Luminare in Comunicazione e Culture dei Media all’Università di Torino, l’autore de “Il Nome della Rosa” e “Il pendolo di Foucault”. Lui è sempre chiarissimo sia nel parlare, sia nello scrivere: “I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”.

Ovviamente questo non piace a tutti quelli che si sono identificati in questa manifestazione del grande maestro, ma dietro l’attacco c’è una riflessione, reale, specifica su un tema che non può essere ignorato. La conferma di come Umberto Eco ha ragionato sul futuro. A ben sentire e a ben vedere appare chiaro che abbia azzeccato ciò che si sta verificando ogni giorno sui Social, frequentati da tante persone ben colte, ma anche da tanti ignoranti, loro malgrado; ma di contro si soddisfa la voglia di screditare chi non la pensa allo stesso modo, e il gioco è appena cominciato.

Ma in questa sequenza temporale, s’innesca il “il gioco delle parti”. Il titolo di una commedia scritta da Luigi Pirandello che spinge il lettore alla ricerca di ciò che si cela nel presente rispetto al passato. Incontriamo sui Social ogni specie di animale sociale: in primis, il viscido, il pseudo giornalista, il garante dei diritti della Costituzione e della libertà di stampa, l’ambientalista confuso e il prosseneta (ruffiano) infuriato perché qualcuno ha scritto che la fabbrica dove lui lavora inquina, offendendo e dimenticando i tanti sfortunati uomini, donne, bambini, feti mai nati, colpiti da tumori che hanno rovinato famiglie intere; la prova nella decisione, senza richiesta da parte degli interessati, dell’Eni nel corso dell’inchiesta Mare Rosso di sborsare ben 11 milioni di euro in favore di 101 famiglie nel territorio siracusano, che subirono malattie con tumore e o malformazioni senza fiatare. Il politico onesto e quello corrotto; il mafiosetto che ti sfida e ti offende senza saperlo. L’ignorante che si guarda bene dal farsi scoprire, e così prega l’amico più colto di scrivere per lui una risposta a Tizio o per Caio, rei di aver disturbato i suoi affarucci vecchi e nuovi. C’è poi il vile, colui il quale nel segreto del click ti blocca, ti segnala tante volte fino a quando l’algoritmo di Facebook ti disattiva. Questa è la sua massima soddisfazione, sulla nota dello scrittore Carlo Maria Cipolla, che nel suo libro sulla stupidità umana sostiene che gli stupidi raggiungono la massima soddisfazione quando pur di far del male a te, se lo fanno pure loro.

Il perdono, è potere. Ogni riferimento a persone, cose o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.  

Concetto Alota

 

 

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