L’origine della sua tradizione raccontata della Befana

Ha lavorato tutta la notte. È stremata. Ha i vestiti logori e sporchi di cenere. Ma negli occhi neri e profondi si legge tutta la soddisfazione per la missione compiuta. Nonostante l’età anche quest’anno la Befana è riuscita ad entrare in tutte le case italiane e lasciare doni ai bambini buoni. Prima di godersi un meritato riposo wltv è riuscito a strapparle un’intervista in esclusiva.

Signora Befana, che origini ha il suo nome?

Befana è il risultato di tutte le modifiche che, nel corso dei secoli, ha subito il nome “Epifania” che in greco vuol dire manifestazione. Dopo Bifania e Befania ormai da molti anni è diventato Befana. Ad utilizzarlo per primo in italiano fu Francesco Berni nel 1541  e nel XVIII secolo Domenico Maria Manni scrisse addirittura una “Istoria delle Befane”. A me questo nome piace molto, anche se sono consapevole del fatto che molti in Italia lo utilizzano per prendere in giro una donna non particolarmente attraente. Ma cosa vuole, con i miei occhi infossati e il naso aquilino non incarno i canoni della bellezza contemporanea. Sono molto, molto anziana.

Mi scuso della domanda, posso chiederle quanti anni ha?

Tanti. Praticamente esisto da sempre. Lavoravo già prima della nascita di Cristo quando nei primi dodici giorni dopo il solstizio d’inverno volavo sui campi per propiziare un buon raccolto e la fertilità dei terreni. Dopo la nascita di Cristo ho cambiato clienti, non più agricoltori ma bambini e non le nascondo che questa attività mi piace molto di più anche se mi costringe a lavorare duramente una sola notte all’anno, la dodicesima dopo il Natale.

Cosa le ha fatto cambiare clientela?

La storia è molto semplice.  I Re Magi durante il loro viaggio a Betelemme bussarono alla mia porta perché non riuscivano a trovare la strada. Nonostante le loro insistenze decisi di non andare con loro per rendere omaggio al Bambino Gesù. Non so perché, in quel momento non me la sentivo. Ma dopo qualche ora quando ripensai alla loro visita mi pentii ed uscii per cercarli. Non trovandoli cominciai a fermarmi ad ogni casa e a lasciare dolci per i bambini nella speranza che uno di essi fosse il Salvatore. Da allora, per farmi perdonare non mi sono più fermata e continuo a portare doni e dolci  ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi.

L’idea come le è venuta ?

E’ un simbolo Il carbone a cui sono molto legata perché nei tempi antichi rappresentava il rinnovamento stagionale. Con l’avvento del cattolicesimo ha acquisito un significato diverso, è una forma di punizione per i bambini che non si cono comportati bene. Ma detto tra noi il mio carbone non è cattivo, anzi è buonissimo.

Le faccio un’ultima domanda signora Befana. Perché lascia i suoi doni all’interno di calze appese al camino o all’albero di Natale?

In tutta sincerità le rispondo. Non lo so. In realtà quando ho iniziato a fare il giro delle case le uniche cose che trovavo per lasciare i miei doni erano delle scarpe lasciate lì per permettermi di cambiare le mie se avessi avuto male ai piedi. Con il passare tempo ho iniziato a trovare delle calze, dapprima erano molto semplici ora sono delle calze bellissime e coloratissime a volte molto grandi che non credo, o meglio mi auguro, non vengano usate per altri scopi, sarebbe un peccato rovinarle. Adesso mi perdoni, sono molto stanca ed ho bisogno di riposare, ma prima voglio augurare Buona Epifania a tutti i lettori di Wltv e chissà che l’anno prossimo non riesca a far visita anche a loro .

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