Procura di Roma. Mini elezioni all’Ars, vicenda “ammazza sentenze”: ascoltati Calafiore e Amara

Sulle mini-elezioni regionali del 2014, nell’androne del tribunale di Roma, qualcuno esclama: “Col senno del poi, gli onorevoli Pippo Gianni e Vincenzo Vinciullo, forse avevano proprio ragione”.

Entra a gamba tesa nella scena giudiziaria della Procura di Roma anche l’inchiesta sulla presunta corruzione alle mini-elezioni a Pachino e Rosolini nel 2014. Nei fascicoli delle indagini spuntano molte coincidenze con il “Sistema Siracusa” e precisamente nel filone “ammazza-sentenze” emerso dapprima a Catania, poi a Palermo, a Messina così come a Roma. Ed è proprio nell’ambito dei tronconi delle indagini sulle mini elezioni-elezioni che Giuseppe Calafiore la settimana scorsa è stato sentito dai magistrati della Procura di Roma. Il legale siracusano nelle dichiarazioni rilasciate ai Pm romani avrebbe chiarito, tra le tante altre cose, la sua posizione così come anche tanti particolari che mancavano in questo romanzo politico con allo sfondo la politica Siracusana e i seggi all’Ars, nell’ambito delle mini-elezioni regionali in provincia di Siracusa e dei rapporti con Pippo Gennuso, con alcuni giudici del Cga, e di Piero Amara. Calafiore avrebbe chiarito alle domande dei Pm romani molti punti rimasti finora oscuri e dei vari rapporti “ravvicinati”, nell’ambito della vicenda. Verbali d’interrogatorio che in buona parte sarebbero stati coperti da omissis, così come per l’altro troncone d’inchiesta che ha portato all’arresto del giudice Mineo in cui sono coinvolti altri personaggi, come imprenditori, avvocati, magistrati, giudici e uomini della politica “pesante”.

In origine nel fascicolo trasmesso ai Pm Di Palermo e poi a Roma dai colleghi di Catania sui presunti brogli elettorali erano indagati 15 persone, con le ipotesi di reato di corruzione in atti giudiziari e rivelazione di segreto d’ufficio. Per il Gip, Roberto Riggio, già nell’informativa del Nucleo operativo dei carabinieri di Siracusa, ci sono elementi che vanno «approfonditi». A partire dall’attività di Gennuso «diretta a influenzare l’esito del giudizio presso il Consiglio di Giustizia amministrativa a Palermo». Presieduto da Raffaele De Lipsis, nell’insolita veste di relatore-estensore della sentenza. Non passano inosservati «i continui rapporti» dell’allora aspirante deputato con Amara e Calafiore, che «ufficialmente non hanno alcun incarico ma che si occupano attivamente della vicenda». Nelle indagini dei carabinieri di Siracusa, il gip riscontra «l’attivismo» degli avvocati «in prossimità delle udienze», ma anche «le rimostranze di Gennuso nei confronti dei due per il ritardo nel deposito della sentenza». In un’intercettazione il deputato regionale minacciava di chiedere «la risoluzione immediata del contratto», perché non più «interessato al progetto», con Calafiore costretto a giustificare il ritardo a un errore dei legali di Gennuso («Hai capre accanto che ti paiono scienziati…») nell’indicare «numerose sezioni» nel ricorso. Il sostituto procuratore di Palermo, Piero Padova, aveva chiesto l’archiviazione per tutti. Evidenziando che «i commenti del principale protagonista» (Gennuso) avevano «unicamente» come oggetto «le questioni tecnico giuridiche riguardanti il ricorso elettorale» e «gli aspetti squisitamente politici delle vicende giudiziarie». Ma il gip Riggio è di tutt’altro avviso: ha chiesto un supplemento d’indagine, ordinando l’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex presidente del Cga, De Lipsis. Anche lui, così come Amara e Calafiore, finito nell’inchiesta di Messina e Roma.

E intanto gli interrogatori non sono finiti. Su iniziativa della procura di Roma, la settimana prossima saranno sentiti prima Alessandro Ferraro e poi Piero Amara, proprio sulle nuove precisazioni fatte da Calafiore che riguarderebbero anche il Tar di Catania, oltre che il Consiglio di Stato e altro ancora. Non è invece indagato nell’ambito di questa inchiesta “mini elezioni”, Alessandro Ferraro, che rimane persona informata dei fatti.

Si tratta del Mini test elettorale, tra conferme e bocciature, nel territorio di Siracusa, dove si è votato in nove sezioni dei comuni di Rosolini e Pachino. I cittadini sono stati chiamati a ripetere il voto delle regionali nel 2014, come disposto dal Consiglio di giustizia amministrativa per presunti brogli dopo il ricorso del candidato Giuseppe Gennuso, che nel 2012 non era stato eletto per una manciata di voti.

La cronaca del periodo, riporta che nella segreteria politica di Bruno Marziano, davanti all’allora deputato regionale del Pd altri due suoi colleghi che – “come se questa storia fosse anche una maledizione politica – nel 2017 non torneranno sugli scranni dell’Ars”. Enzo Vinciullo, con tono afoso, lancia l’allarme: “Ho saputo che faranno rifare le elezioni. Signori miei, prepariamoci perché sarà un bordello. Non lasciatemi solo…». Ad ascoltare la premonizione c’è anche Pippo Gianni, che rimane vittima predestinata, a cui subentra all’Ars il vecchio amico Pippo Gennuso. Esposti e ricorsi, ma anche tanti delatori che avrebbero spiegato ai magistrati delle procure di Messina, Palermo e Roma come sono andate le cose.

Concetto Alota

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