Libia: I rifugiati protestano contro le condizioni di detenzione in attesa di poter essere reinsediati

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, esprime preoccupazione alla notizia secondo cui, la settimana scorsa, si sarebbe fatto uso della forza nei confronti di richiedenti asilo intenti a protestare nel Centro di detenzione di Sikka, in Libia.

Le proteste sono nate dalla frustrazione e dall’ansia diffuse tra i richiedenti asilo, detenuti per mesi in condizioni disperate senza alcuna prospettiva di trovare soluzioni. Sarebbero circa 50 le persone rimaste ferite quando la polizia ha fatto irruzione per porre fine alle proteste. Due persone sono state ferite gravemente e trasportate all’ospedale Abu Slim.

Inoltre all’UNHCR risulta che, in seguito alla proteste della settimana scorsa, circa 120 persone siano state trasferite dal Centro di detenzione di Sikka a quelli di Ain Zara e Sabhaa.

Si stima che al momento dell’incidente vi fossero oltre 400 richiedenti asilo detenuti nel Centro di Sikka. Tutti erano registrati dall’UNHCR, eccetto 20 persone arrivate da poco. Il gruppo include 200 eritrei, 100 somali, 53 etiopi e 20 sudanesi.

L’UNHCR ha espresso le proprie preoccupazioni alle autorità in relazione a tale incidente. Ad oggi, l’UNHCR non ha potuto incontrare le persone coinvolte nell’incidente a Sikka. Membri dello staff sono potuti entrare nel Centro di detenzione di Sikka domenica, ma esclusivamente per permettere il trasferimento di alcuni detenuti al Centro di raccolta e partenza (Gathering and Departure Facility/GDF) per poter essere evacuati.

L’UNHCR esprime apprensione per la situazione di prolungata detenzione che molti rifugiati stanno affrontando in Libia. Attualmente, vi sono 5.700 rifugiati e migranti in stato di detenzione, 4.100 dei quali è stato valutato che ricadano sotto il mandato dell’UNHCR e potrebbero avere bisogno di protezione internazionale.

L’UNHCR rinnova l’appello a porre fine alla detenzione in Libia dichiarandosi pronta ad assicurare supporto alle autorità libiche per trovare misure alternative.

Nel dicembre scorso l’UNHCR ha aperto un Centro di raccolta e partenza a Tripoli, in cooperazione con il Ministero dell’Interno, per velocizzare la ricerca di soluzioni e offrire un’alternativa alla detenzione. Tuttavia, con la riduzione di posti disponibili per il reinsediamento, molti rifugiati potrebbero dover restare in stato di detenzione a tempo indefinito.

Ieri, 4 marzo, l’UNHCR ha evacuato 128 rifugiati verso il Niger. Si è trattato della terza operazione di evacuazione al di fuori dalla Libia quest’anno, che ha portato il totale di persone evacuate fuori dal Paese a 3.303.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati reitera gli appelli alla comunità internazionale affinché si trovino soluzioni alternative per i rifugiati in stato di detenzione.

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, esprime preoccupazione alla notizia secondo cui, la settimana scorsa, si sarebbe fatto uso della forza nei confronti di richiedenti asilo intenti a protestare nel Centro di detenzione di Sikka, in Libia.

Le proteste sono nate dalla frustrazione e dall’ansia diffuse tra i richiedenti asilo, detenuti per mesi in condizioni disperate senza alcuna prospettiva di trovare soluzioni. Sarebbero circa 50 le persone rimaste ferite quando la polizia ha fatto irruzione per porre fine alle proteste. Due persone sono state ferite gravemente e trasportate all’ospedale Abu Slim.

Inoltre all’UNHCR risulta che, in seguito alla proteste della settimana scorsa, circa 120 persone siano state trasferite dal Centro di detenzione di Sikka a quelli di Ain Zara e Sabhaa.

Si stima che al momento dell’incidente vi fossero oltre 400 richiedenti asilo detenuti nel Centro di Sikka. Tutti erano registrati dall’UNHCR, eccetto 20 persone arrivate da poco. Il gruppo include 200 eritrei, 100 somali, 53 etiopi e 20 sudanesi.

L’UNHCR ha espresso le proprie preoccupazioni alle autorità in relazione a tale incidente. Ad oggi, l’UNHCR non ha potuto incontrare le persone coinvolte nell’incidente a Sikka. Membri dello staff sono potuti entrare nel Centro di detenzione di Sikka domenica, ma esclusivamente per permettere il trasferimento di alcuni detenuti al Centro di raccolta e partenza (Gathering and Departure Facility/GDF) per poter essere evacuati.

L’UNHCR esprime apprensione per la situazione di prolungata detenzione che molti rifugiati stanno affrontando in Libia. Attualmente, vi sono 5.700 rifugiati e migranti in stato di detenzione, 4.100 dei quali è stato valutato che ricadano sotto il mandato dell’UNHCR e potrebbero avere bisogno di protezione internazionale.

L’UNHCR rinnova l’appello a porre fine alla detenzione in Libia dichiarandosi pronta ad assicurare supporto alle autorità libiche per trovare misure alternative.

Nel dicembre scorso l’UNHCR ha aperto un Centro di raccolta e partenza a Tripoli, in cooperazione con il Ministero dell’Interno, per velocizzare la ricerca di soluzioni e offrire un’alternativa alla detenzione. Tuttavia, con la riduzione di posti disponibili per il reinsediamento, molti rifugiati potrebbero dover restare in stato di detenzione a tempo indefinito.

Ieri, 4 marzo, l’UNHCR ha evacuato 128 rifugiati verso il Niger. Si è trattato della terza operazione di evacuazione al di fuori dalla Libia quest’anno, che ha portato il totale di persone evacuate fuori dal Paese a 3.303.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati reitera gli appelli alla comunità internazionale affinché si trovino soluzioni alternative per i rifugiati in stato di detenzione.

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