Territorio siracusano. Criminalità organizzata: troppe armi nella disponibilità immediata di malviventi

L’ultimo plateale tentato omicidio a colpi di pistola che si è consumato nella pubblica via a Noto ieri sera, conferma la disponibilità immediata di armi da parte degli esecutori materiali dell’attentato. Tale siffatta condizione, riapre una vecchia controversia critica sui servizi mirati straordinari di controllo del territorio delle forze di polizia, finalizzato al difficile disarmo della criminalità organizzata, per la dispersione di uomini e mezzi nel vasto territorio interessato.

Negli ultimi mesi, carabinieri e polizia hanno operato una serie di iniziative nella perquisizioni in alcuni edifici popolari dei vari quartieri della città in cui si annida buona pare della malavita organizzata siracusana, con il sequestro abbandonate di armi e droga. Attività che rappresenta un ennesimo sforzo volto a sottrarre alla malavita siracusana le troppe armi pronte all’uso di cui dispone, oltre allo stupefacente che alimenta la criminalità. Attività che apre la strada a nuove e più ambiziose iniziative investigative e repressive.

Nella relazione Dia del secondo semestre 2019, la descrizione della criminalità giovanile, parla di “… salto di qualità nelle modalità d’impiego delle giovani leve, con l’iniziazione di ragazzini alle rapine”.

Malgrado i tanti blitz e arresti a iosa e la collaborazione preziosa dei pentiti, non si riesce ad estirpare il cancro della malavita organizzata sul traffico della droga e delle armi.

Nella “Relazione sull’amministrazione della giustizia, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2019, è stato ribadito che “l’intervento degli uffici giudiziari minorili è essenzialmente finalizzato a prevenire, laddove possibile, l’ingresso di un adolescente nel circuito penale e, allorquando già avvenuto, a favorirne l’agevole estromissione, il recupero e il reinserimento sociale”.

La mafia siciliana e la ndrangheta sono quelli che oggi hanno i segni chiari di una maggiore aggressività. “Il fenomeno mafioso ha manifestato le forme più acute di violenza”, si legge ancora nella relazione della Dia. Si compongono “ambienti criminali complessi, in cui una più evoluta mafia degli affari va a coniugarsi con le “famiglie”, tipico degli storici clan siciliani… “. Rimane “evidente la capacità di darsi una configurazione gerarchica condivisa, con qualche eccezione per la mafia storica”.

Ma, come in premessa, per rimanere a casa nostra, rimangono ancora interi arsenali di armi nella mani della malavita organizzata siracusana, con una possibile escalation di violenza. E questo, al di là della ristretta cerchia degli addetti ai lavori, vi è una sorta di rifiuto della società civile ad occuparsi della brutta tendenza che rischia sempre di più avvelenare la vita democratica in cui l’omertà è ancora diffusa, oltre alla gestione del fenomeno criminale che avvelena la vita libera e democratica, lasciando la “patata calda” solo agli organi repressivi dello Stato, polizia e magistratura, destinata ad affrontare una lotta impari che crea sempre di più il divario tra la vera democrazia e la civiltà.

Le conseguenze di tale siffatta condizione, è sotto gli occhi di tutti. La criminalità organizzata è ormai dilagante; specie nella parte che interessa i ragazzini, i giovani, le nuove leve, che sognano una vita da mafiosi, di pezzi da novanta spesso con il beneplacito dei genitori. Si occupano di microcriminalità organizzata. Si prospettano tempi non brevi per il contenimento degli scenari criminali nei limiti accettabili per una società civile che si rispetti. In tale siffatta condizione, appare chiaro quanto sia importante il possesso di armi da parte delle organizzazioni criminali. Non foss’altro per la semplice condizione di apparire armati per equilibrare la paura.

Concetto Alota

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